Povertà, le scelte del Governo rischiano di aumentare le diseguaglianze sociali
In Campania una famiglia su tre è a rischio povertà, il 38% dei residenti nella nostra regione vive in condizioni di disagio socio-economico. Si tratta solo dell’ultima triste statistica diffusa dall’associazione “Una voce per Padre Pio”, che fa il pari con i dati pubblicati ieri dal Mef (Ministero dell’economia e delle finanze) sulla dichiarazione dei redditi, da cui emerge il quadro di un territorio in affanno, con Napoli fanalino di coda tra le metropoli italiane.
Napoli è la metropoli italiana più povera
Napoli, infatti, rappresenta la città più povera tra le maggiori a livello nazionale, segnata da forti diseguaglianze tra i quartieri, in genere caratterizzati comunque da redditi molto inferiori rispetto alle sue omologhe italiane. Al primo posto per “ricchezza” vi è Chiaia (circa 41mila euro) - seguita da Posillipo (circa 40mila), Vomero (circa 33mila), Arenella (26mila) - all’ultimo posto si trova San Lorenzo (con 12mila). Non sorprende questa classifica che, basandosi su redditi dichiarati, certamente non tiene conto del dato dell’economia sommersa.
Ne parliamo con Rosaria Lumino, ricercatrice in sociologia generale presso il Dipartimento di Scienze Sociali della Federico II, dove insegna Metodologia della ricerca sociale e Metodi Avanzati per la ricerca qualitativa. “Purtroppo sono dati che non sorprendono affatto e rischiano di peggiorare ancora di più dopo l’inversione di tendenza impressa dal Governo Meloni sulle politiche di sostengo al reddito che rischiano di penalizzare le famiglie in condizioni di maggiori vulnerabilità sociale”.
Il riferimento è alla riforma del Reddito di cittadinanza: secondo alcune stime, lo perderà circa il 40% degli attuali percettori.
La cancellazione del Rdc cancella il diritto dei poveri a un sostegno
La misura, così come l’abbiamo conosciuta, sarà sostituita da due nuovi strumenti: l’assegno di inclusione e il supporto per la formazione e lavoro. L’assegno di inclusione scatterà da gennaio 2024 ed è molto simile all’attuale reddito di cittadinanza. Cambiano però i destinatari: si rivolge a tutte le famiglie con un figlio minorenne, una persona con disabilità o con più di 60 anni. Sarà erogato per 18 mesi e i percettori dovranno avere un reddito familiare inferiore ai 6 mila euro e un patrimonio mobiliare inferiore ai 6 mila euro, proprio come nelle regole dell’attuale reddito di cittadinanza. Avranno diritto all’assegno di inclusione anche gli stranieri che sono in Italia da 10 anni (prima erano 5).
Il supporto per la formazione e lavoro è invece destinato alle persone dai 18 ai 59 anni “abili al lavoro” con reddito non superiore ai seimila euro all’anno. Parte a settembre 2023 e consiste in un assegno di 350 euro sotto forma di indennità di partecipazione ad attività di formazione e a progetti di avviamento al lavoro per la durata di quest’ultimi. Quindi se l’adulto percettore di questo tipo di supporto economico fa un corso di formazione di due mesi, percepirà il sussidio solo per questi mesi (il termine massimo è comunque di 12 mesi non rinnovabili).
“Si cancella così il diritto universale dei poveri a condizioni dignitose di sussistenza – spiega la Lumino – Nella nuova riforma, in pratica, il sostegno è garantito solo ad alcuni nuclei familiari, quelli con minori, anziani e disabili. Vengono così penalizzate tutte quelle famiglie che hanno all’interno persone teoricamente occupabili, come gli over 45, ma che, per le note difficoltà del mercato di lavoro, fanno fatica a reinserirsi. Si confonde il sostegno al reddito con strumenti di attivazione al lavoro, partendo dall’assunto che sia sufficiente formare persone perché queste trovino lavoro. In realtà in assenza di interventi strutturali sul mercato del lavoro, questo assunto è completamente sbagliato”.
Aumentano le diseguaglianze e le tensioni sociali
La docente napoletana mette anche in guardia su altri possibili rischi, tra cui l’aumento delle diseguaglianze e l’inasprimento delle tensioni sociali in seno alla popolazione: “Col peggioramento complessivo delle condizioni socio-economiche c’è il rischio che si allarghi sempre di più il divario tra la quota ridotta di famiglie che si trovano al di sopra della soglia di povertà e il numero sempre crescente di famiglie che si trovano in condizioni in via di disagio. Ma allargandosi la forbice tra i residenti nei quartieri della città, anche i conflitti e le tensioni sociali rischiano di inasprirsi”.