Buon San Valentino, amore mio
La verità è che nessuno ci aveva sperato. Chi di voi, prima del fischio di inizio non avrebbe firmato per il pari? Il meno peggio, insomma, qualcosa giusto per tirare fuori la testa e prendere una boccata d’aria fresca da questo periodo travagliato assai, e nel contempo fermare la corsa della detestatissima. E invece è stata ben più di una boccata d’aria, è stata proprio una bombola d’ossigeno puro!
Il segnale io lo avevo colto, però: quando Ospina si è fatto male pochi minuti prima, durante il riscaldamento, io ho tirato un sospiro di sollievo. Sarà anche più bravo coi piedi, ma Meret secondo me è un’altra cosa. E poi, se è così bravo con i piedi, invece che tenerlo inutilmente in porta, perché non lo mettiamo in difesa, che stiamo inguaiati in quel modo? Vabbè, ma questo è un altro discorso. Altro segnale positivo è il ritorno al 4-2-3-1 che tante soddisfazioni ci aveva dato all’inizio della stagione, buona pratica poi interrotta a causa dei problemi di Osimhen. Il primo vero modulo nuovo nel lento recupero del post sarrismo, se ci pensiamo.
Il primo tempo il Napoli si fa vedere, non è particolarmente aggressivo, però è in partita, e ha gioco. Esce fuori bene Rrahmani, ad esempio, Insigne, e soprattutto Lozano che ci crede molto. E poi, l’incredibile: Chiellini dà un paccarone a mano aperta proprio a Rrahmani e questi crolla miseramente a terra. E l’arbitro concede il rigore.
Il sibilo di quel pallone calciato a lato del palo che ci ha fatto perdere la supercoppa poche settimane fa è ancora nell’aria, bisogna cancellarlo, e solo Insigne lo può fare. Il tiro è perfetto, portiere da una parte, pallone dall’altra, e l’urlo di Lorenzo che festeggia i suoi cento gol, segnando il centesimo alla Juve, e lo dedica alla moglie, arriva nei nostri cuori.
E quindi siamo in vantaggio, arriviamo al secondo tempo arginandoli. In cuor nostro temiamo che non possa durare a lungo. E invece.
E invece Meret, che si è trovato là così, all’improvviso (per un portiere è difficile che si entri all’ultimo minuto) fa una partita strepitosa.
E soprattutto accade che il secondo tempo va in campo un libro dell’Iliade: caduti e feriti da più parti, in un campo battuto dai venti gelidi. Meret salta e cade male, Insigne zoppica e gli urla: «Stringi i denti» (chissà se c’era un terzo portiere!», ed esce.
Lozano a un certo punto molla, e urla a Gattuso: «Sono finito», e Gattuso gli risponde: «Le ho finite», splendido dialogo alla Palazzeschi. Allora Lozano resta in campo, zoppicando (una volta c’era il gol dello zoppo, ci ho sperato molto), ha la faccia che è tutta una smorfia, eppure calcia urlando con tutto il fiato che ha in gola per salvare la situazione.
Sei minuti di recupero, neanche stessimo veramente assediando le mura di Troia, e finisce. Abbiamo vinto. E dai, non ci credo, non è possibile! E quindi vinciamo, su rigore. Senza segnare su azione, senza giocare particolarmente bene. Il massimo della beffa.
Vinciamo come squadra, finalmente: e la squadra si vede quando alla fine abbracciano Gattuso, tutti, mentre Pirlo va via da solo.
Pirlo: una parola la merita anche lui, poiché evidentemente nel corridoio che porta alla postazione delle interviste devono avergli offerto un goccetto, o forse due. Non mi spiego altrimenti le affermazioni sull’arbitraggio: «Se uno allarga le mani con il pallone in mano al portiere ogni contatto sarebbe rigore dappertutto. Volevo vedere se fosse successo a noi un episodio del genere. Ci sarebbero state molte più polemiche, e non so se ci sarebbe stato dato questo rigore». Sì, Andrea, se uno allarga le mani, e queste mani vanno nell’occhio dell’avversario è rigore, o vuoi essere libero di picchiare le genti a tuo piacimento?
Che dire, grazie! E buon San Valentino a te, amore mio.