Lutto cittadino, lo Stadio intitolato e un flashmob. Napoli ricorda Diego Armando Maradona
Di lui restano 13 infiniti secondi: quelli dei quarti di finale del mondiale dell'86, Argentina – Inghilterra, in cui lui, solo contro unidici, fece uno del goal più belli della storia del Calcio. Quei tredici secondi rimarranno in eterno, come tutte le grandi imprese compiute dall'uomo: la scoperta delle Americhe, lo sbarco sulla luna, quel gesto del pennello che ha creato il sorriso della Gioconda.
A poche ore dalla notizia della scomparsa del Pibe De Oro Diego Armando Maradona, morto nella sua casa di Buen Aires, a sessant'anni appena compiuti, nel tardo pomeriggio del 25 novembre 2020 per arresto cardiaco, la città di Napoli è ancora incredula e sgomenta. Sì, perchè il calciatore Argentino - che ha messo in rete alla guida della squadra partenopea due scudetti ('87 e '90) e che qui trovò la sua America, il successo, la fama traghettando l'intera città (e non solo gli amanti “r'o pallone”) verso la realizzazione di un sogno che era al tempo stesso simbolo di riscatto sociale - si considerava napoletano al 100%. Un sentimento in tutto corrisposto: lo scugnizzo che veniva dal popolarissimo quartiere di La Boca è divenuto idolo ben prima della morte, collocandosi con la sua testa riccia, il pallone al piede e la maglietta azzurra con il numero 10, sull'altare delle divinità cittadine (Totò, Eduardo, Massimo, Pino) capitanate da San Gennaro.
“Diego ha fatto sognare il nostro popolo, ha riscattato Napoli con la sua genialità , ci ha reso protagonisti di un'era calcistica. Nel 2017 lo abbiamo reso cittadino onorario, ma non perchè fosse necessario, visto il legame viscerale con la nostra città, ma perchè era un atto dovuto. Diego, napoletano e argentino, ci ha donato gioia e lacrime di felicità” scrive il Sindaco di Napoli Luigi de Magistris sui propri canali social a pochi minuti dalla notizia.
E sebbene a causa della Pandemia da Coronavirus i napoletani non abbiano avuto la possibilità di riunirsi nelle piazze e fra i vicoli in modo organizzato e ufficiale, ad onorare Maradona è stato lo Stadio San Paolo, testimone delle sue più grandi imprese, illuminato a giorno per celebrare il triste evento e che a quanto pare cambierà nome divenendo, su proposta dell'intero Consiglio Comunale, Stadio Diego Armando Maradona.
Che si segua il calcio o meno - che se ne capisca di assist, calci a cucchiaio e zone Cesarini - la morte di Maradona colpisce come un pugno allo stomaco chiunque sia nato all'ombra del Vesuvio. Un eroe che ha condiviso il corpo con un uomo pieno di debolezze (per prima la tossicodipendenza), ricco di contraddizioni, come contradditoria è appunto la città di Napoli.
In virtù di questo sentimento di appartenenza assolutamente trasversale, il 26 novembre è stato dichiarato lutto cittadino. In occasione della partita di Europa League Napoli – Rijeka, alle ore 20e45 la città tutta è invitata ad un flashmob “a distanza”, accendendo una candela alla finestra delle proprie abitazioni e, dopo il minuto di silenzio previsto alle ore 21, unendosi in un grande applauso.
“L'intera città era come affetta da un incantesimo, ma noi bambini eravamo spettatori e, per certi versi protagonisti, di una favola – scrive su facebook Alessandro Tuccillo, storico e docente alla Federico II di Napoli e grande tifoso – Ho un ricordo nitido di quando a 6 anni per la prima volta accesi da solo la radio per seguire la partita. Mi sentii investito di una sorta di dovere. Il rito laico andava celebrato anche senza mio padre, che quella domenica non era a casa per lavoro”. Di quel particolare “senso di appartenenza” ne parla anche Salvatore Calise, conduttore della trasmissione sportina Energia Azzurra su Canale 8. “Amiamo Maradona perchè è stato uno di noi. Ricco del suo genio, delle sue debolezze, della sua classe, della voglia di vivere, di cambiare, di vincere. Di essere se stesso sempre – dichiara Calise – Per questo è stato unico, un uomo inarrivabile come campione dello sport e straordinariamente uguale a ognuno di noi”.
Ed è proprio in questo tutto il senso dell'affetto di un intero popolo per un calciatore: nel cuore di ognuni napoletano che “aspiett 'a ciorta” si nasconde un piccolo numero dieci.
Ph. Foto Stadio San Paolo – Thanks to Renato Aiello
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