Mercoledì, 24 Aprile 2024

Scuola, famiglia e giovani

di Sergio D’Angelo

Cosa hanno in comune dieci studenti di Scampia e Melito assunti alla Leonardo Spa, un ragazzino di quattordici anni pestato a sangue alla galleria Umberto e una scuola ai Camaldoli per la quale sembra non esserci altra strada che l’abbattimento?

Apparentemente e su un piano formale niente: non ci sono collegamenti diretti.

 Eppure sono tre storie che possono aiutare a sviluppare un ragionamento.

Senza cadere nel buonismo di maniera e nel determinismo, immagino che siamo tutti d’accordo nell’individuare nella scuola, insieme alla famiglia, un ambito di primaria importanza nella formazione di un ragazzo.

Ci sono poi gli input del mondo esterno, con in testa i social network, i media e l’industria culturale che per un giovane vuol dire in larga maggioranza serie tv e film.

 Quando il binomio scuola-famiglia funziona, i ragazzi riescono a compiere un percorso formativo virtuoso che gli apre le porte del lavoro, stavolta, nel caso in questione, senza neanche dover emigrare. Inoltre, spesso un cammino di questo tipo permette anche di sviluppare la capacità di filtrare i contenuti di una fiction televisiva, pure se violenta.

Quindi, se escono il sabato sera, è poco probabile che si riuniscano in una baby gang per pestare dei loro coetanei.

Quando le cose vanno invece in un’altra direzione, quando i ragazzi provengono da contesti familiari caratterizzati da disagio e i cattivi esempi ce li hanno spesso in casa, quando la scuola è uno strumento troppo generalista, privo di capacità di ascolto, supporto psicologico e orientamento, il risultato statisticamente più probabile è che quattro ragazzini aggrediscano ferocemente un loro coetaneo, prendendolo a calci in faccia anche quando è indifeso a terra, fino a fargli saltare alcuni denti e provocargli una crisi epilettica.

Non è uno scenario ipotetico, ma quello che è accaduto sabato sera a Napoli poco dopo le otto.

In questo contesto, c’è una scuola ai Camaldoli per la quale sono stati spesi due milioni di euro pubblici che sembra destinata all’abbattimento perché si trova in un’area protetta, ma istituita dopo l’inizio dei lavori, e per negligenza delle precedenti amministrazioni che hanno dimenticato di chiedere i permessi.

Una scuola in un parco a me non sembra un abuso edilizio insopportabile, tanto più che il “Parco metropolitano delle colline di Napoli” neanche esiste. È rimasto un nome sulla carta, certamente evocativo per un’area pari addirittura a un quinto dell’intero territorio comunale, privo però di qualsivoglia caratteristica che lo connoti come verde pubblico.

Io credo che sia una vicenda sulla quale serve una riflessione più approfondita.

Author: Redazione

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