Venerdì, 19 Aprile 2024

Il sacrosanto diritto al filone

Mancano due settimane alla fine dell’anno scolastico (sì, perché lo sappiamo tutti che ci si “ritira” a fine maggio e a giugno a scuola si va solo per le ultime interrogazioni!) e anche quest’anno i nostri ragazzi non hanno fatto “filone” .

O per essere più international: non hanno fatto forca, fughino, fuoco, puffi.

Non hanno grifato, limato, segato, vicolato… cioè non hanno marinato la scuola!

Sono circa dieci anni infatti che il filone è stato  sconfitto dal  registro elettronico, lo strumento digitale con cui la scuola comunica con la famiglia.

Una rivoluzione on line che tra le tante cose permette ai genitori tramite un’app di sapere tutto dei propri figli: assenze, ritardi, note disciplinari, voti, compiti, pagelle, case, libri, auto e fogli di giornale.

In altre parole il genitore ha sul cellulare e a portata di dita un incrocio digitale tra Smemoranda, libretto delle giustificazioni e registro di classe.

Tutta una serie di icone permettono ai genitori di monitorare l’andamento scolastico del figlio che non può prendere un sei meno meno in latino che subito viene sgamato.

Approdato nelle scuole con la legge n.95 del 2012,il registro elettronico ha messo fine anche alla figura professionale del “falsificatore delle firme dei genitori”.

Ora le assenze vengono segnalate tramite notifiche e sono spariti quindi i libretti delle giustificazioni.

Erano dei blocchetti che a inizio anno la scuola dava ai genitori, dopo l’autentificazione della firma.

Il giorno dopo l’assenza lo studente doveva portare la “giustificazione” su questo libretto.

Si doveva segnare la data e il motivo dell’assenza (che poi erano sempre e solo 2: motivi familiari  o motivi di salute. Si sceglieva un po’ a caso).

Tutto rifirmato dai genitori (o da chi ne fa le veci).

Quella firma sul libretto delle giustificazioni era croce e delizia, il dramma degli studenti che però veniva affrontato magistralmente dal “falsificatore di firme” (io non ne ho mai avuto bisogno, ancora oggi so fare perfettamente la firma di mia madre).

Capirete bene che con il registro elettronico è impossibile fare filone.

È impossibile nascondere un quattro al compito di matematica.

E’ impossibile giocarsi la carta “non ho studiato, è morta mia nonna!” (ogni nonno moriva 4 volte l’anno. Sicché, quattro morti per quattro nonni uguale 16 giustificazioni di morte l’anno in media per ogni studente vintage).

“Il registro elettronico se da un lato ha snellito e ottimizzato i tempi e le procedure operative avvicinando la famiglia alla scuola, dall’altro deresponsabilizza sia i genitori che i ragazzi.

E’ necessario per gli adolescenti – specialmente in questa fase di crescita - affrontare le paure e sperimentare le prime soluzioni a propri problemi. I ragazzi devono saper gestire per esempio  la paura di dire al genitore di un brutto voto oppure gestire la gioia di poter portare a casa un buon risultato. I ragazzi devono imparare a gestire e a comunicare queste emozioni. La scuola è soprattutto esperienza emotiva e come tale bisogna considerarla”.

La dottoressa Michela Tuccillo, psicologa e psicoterapeuta nonché mamma di un adolescente alle prese con il primo anno di liceo, parla così del registro elettronico e conclude: “Il registro elettronico è un ottimo strumento di orientamento ma attenzione all’ipercontrollo. Molte volte si rischia poi di non dare spazio al mondo emotivo del ragazzo focalizzandosi solo su il cattivo voto o sull’assenza senza tenere conto di altri aspetti più legati alle emozioni. Si tratta molte volte di una vera e propria invadenza emotiva da parte dei genitori sul ragazzo”.

E conclude con un esempio: “Sulla app vedo un quattro ad un interrogazione. Chiaramente mi faccio subito un’idea, magari mi arrabbio. Quando mio figlio torna da scuola e io ho già in testa quello che devo dire o fare, parto già con un pregiudizio. Questo mi impedisce di guardare il ragazzo in viso, di capire che cosa è veramente successo a lui. Se è triste, se è arrabbiato, se è deluso. Insomma di capire le sue emozioni, di ascoltare il suo racconto. Un po’ come avere il risultato, senza capirne il procedimento e questo chiaramente inquina la relazione figlio-genitore.”

Una riflessione doverosa quella della dottoressa Tuccillo che ci riporta a quelle emozioni, alle paure che solo un filone poteva dare.

Me li ricordo i miei filoni, in ogni filone c’era un’emozione.

Non entravo in classe magari perché non mi sentivo pronto per un’interrogazione e allora passavo la mattina a studiare di nascosto nella villa comunale.

Marinavo la scuola perché ero innamorato della ragazza della Terza C e niente e nessuno mi avrebbe impedito di passare qualche ore sugli scogli di Mergellina insieme a lei.

C’erano volte in cui i filoni si autodenunciavano con la telefonata dalla cabina telefonica “Mamma, non sono entrato, perché c’è lo sciopero” o i filoni a metà (mamma lo sapeva ma papà, no)

C’erano i filoni inutili, quelli di gruppo e quelli dove si entrava alla seconda ora perché almeno saltavamo Latino.

Nel filone c’era la responsabilità di diventare un po’ più grandi.

Di fare da solo, di crescere.

Erano i primi segreti, i primi baci, le prime bugie.

C’erano le prime cose che erano solo nostre.

Dentro al filone iniziavamo a costruire quello che saremmo stati.

Il registro elettronico invece sembra essere la metafora di questo tempo che ci vuole sempre performanti, veloci e geolocalizzati.

Ipercontrollati.

Fra qualche settimana finisce la scuola e io a questa cosa che i ragazzi non hanno fatto nemmeno un filone non ci posso pensare.

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Foto dal web

Giovanni Salzano
Author: Giovanni Salzano
Esperto di social media management, cura la rubrica di opinione Società.

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