Sabato, 20 Aprile 2024

Pasionaria, ovverosia la danza dell’imperfezione umana

Che fine ha fatto la danza? Forse la sua scomparsa coincide con quella dell’umanità nel pianeta distopico ricreato sul palco del Teatro Bellini dal coreografo spagnolo Marcus Morau in Pasionaria con la compagnia La Veronal.

Un’ora e un quarto di immersione in un mondo altro, dove il corpo diventa un concetto quasi astratto, privo di senso e di compiutezza. Come nelle marionette disarticolate, anche i ballerini di Pasionaria rinunciano alla propria personalità e ripetono meccanicamente gesti e movimenti, che rompono gli schemi dell’armonia per creare un senso generale di disunione, di inadeguatezza. Ecco, quello che Morau sembra voler mettere in scena è l’uomo privato di se stesso e quindi senza speranza.

Pasionaria ovverosia la danza dellimperfezione umana 2

Fermo restando che il Bellini è il teatro delle sperimentazioni – qui niente sembra impossibile, dalle acrobazie dei Momix alle ragnatele giganti di Slava, solo per citare i più famosi – ospitare uno show come Pasionaria ha anche un che di rischioso. Non esiste un pubblico adatto a un balletto che non è (quasi) mai tale, a una danza che sconfina nel teatro ma rimanda continuamente al cinema futuristico e distopico, ai fumetti e ai videogames.

È una danza-non danza, in cui otto interpreti (Àngela Boix, Jon López, Ariadna Montfort, Núria Navarra, Lorena Nogal, Shay Partush, Marina Rodríguez, Sau- Ching Wong) ballerini-attori-mimi sono messi completamente al servizio della drammaturgia. Ogni movimento è frammentato, come se su palco ci fossero dei robot, o anche delle persone con gravi handicap fisici, tali da non essere in grado di controllare il proprio corpo.

Pasionaria ovverosia la danza dellimperfezione umana 4

La scena si svolge sullo sfondo di una cornice luminosa, quasi a ricreare l’effetto di uno schermo tivù e a rilanciare la sensazione di iper-realtà volutamente cercata dal direttore/coreografo. Che, attraverso l’assenza quasi totale di coreografie corali, ci trasmette un senso di inadeguatezza, di impotenza, portando al limite espressivo i ballerini, tutti all’altezza del compito, non facile, di diventare delle macchine umane.

Il bello, nel senso classico del termine, non c’è. C’è un estetismo spinto e ricercato in ogni dettaglio: dai vestiti, sportivi ma classici, dai toni chiari, i tessuti leggeri ed eleganti da college inglese; alla scenografia demodé con una scalinata che si smonta per ritrovarci sotto esseri umani e un divano che sembra l’unico luogo dove si ravvisa una coreografia sincronica; all’atmosfera rarefatta di chiaroscuri, dove danzatori e danzatrici si osservano come se si stesse guardando un tableau vivant in lontananza.

E poi c’è la luna: enorme e poi piccola, e di nuovo enorme, che quasi invade lo spazio-casa, sembra esplodere dalla finestra e poi tornare indietro come una pulce nell’universo, a dare un senso di pericolo ma anche di insignificanza e di precarietà costanti.

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Pasionaria è, dunque, un non luogo dove il progresso ha creato esseri simili agli umani, progettati per imitarci. Uguali ma diversi in tutto, perché senza passioni, immortalati nell’assenza totale di ogni sentimento.

La speranza, se c’è, non riguarda lo spettacolo: è una questione intima di ciascun spettatore. Pasionaria parla a ognuno di noi per avvisarci che finiremo così: corpi inerti, gadget inutili dominati dai robot, vivi ma privi di qualsiasi vita reale.

Marcos Morau mette in scena l’individualismo, e perciò non c’è danza, c’è movimento. Anzi la danza si dissolve quasi tutta nel movimento individuale. Straordinari gli interpreti, che devono in qualche modo dissociarsi dal proprio corpo, controllarlo alla perfezione per lasciarlo andare alla totale imperfezione.

È uno spettacolo che cattura e fa riflettere. Ancora una volta la direzione artistica del teatro Bellini dimostra di avere intuito e coraggio  e di intendere il teatro come un luogo senza confini, che non si limita allo spettacolo sul palco ma vuole essere casa, città, mondo.

Ida Palisi
Author: Ida Palisi
Giornalista professionista, esperta di comunicazione sociale, dirige l’Ufficio Comunicazione Gesco. Collabora con il Corriere del Mezzogiorno per le pagine della Cultura.

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