Venerdì, 19 Aprile 2024

Questo (che sembra eterno) sabato del villaggio

L’attesa del piacere è essa stessa piacere, per carità. Domenica mattina le strade erano piene di gente e di bandiere, persone di ogni età, sorridenti, amabili, felici (tranne una signora che ha chiesto a uno “Giuvino’, scusate, oggi gioca il Napoli?”. Giuro, non sto scherzando. Chissà da quanto tempo non usciva di casa, poveretta). Tutti sorridenti, in attesa della magia. O della matematica.

Ma la matematica che ne sa che allo stadio sono andati con due bandiere, una per sé, una per chi non c’è più. Perché 33 anni sono tanti, e qualcuno in attesa del Coso si è addormentato e non è più con noi. Una cosa dolcissima, commovente, ma che ne sa la matematica? Ma la matematica che ne sa dello speaker del Napoli che scoppia a piangere in diretta su Dazn? Della ragazza a via Foria con il velo da sposa che oggi festeggiava il suo addio al nubilato? La matematica non lo sa, o se ne frega.

L’attesa del piacere è essa stessa piacere, si diceva. Però se questo piacere uno se lo potesse godere veramente sarebbe molto meglio. E invece anche questa domenica si è prolungata l’attesa che ha trasformato la città in un lunghissimo set del sabato del villaggio. Perché?

Ve lo dicevo io, la settimana scorsa, che siamo greci: siamo tragici, siamo comici.

Soprattutto, qui qualcuno ha peccato di hybris. Cos’è la hybris? È uno dei pilastri della tragedia greca, e significa letteralmente “tracotanza nei confronti degli dei”. Quasi tutte le tragedie nascono da questo peccato. Anche la nostra. In questo caso la tracotanza è stata spostare la partita da sabato a domenica. Noi giocavamo tanto bellini di sabato, senza pressione, senza ansia, senza stress, alla Salernitana rifilavamo cinque palloni, cominciavamo a festeggiare con la sobrietà che da sempre ci caratterizza e poi il giorno dopo alla mezza, con un bicchiere di greco di tufo gelato e uno spaghetto ai frutti di mare ci saremmo goduti questa bellissima Lazio-Inter e alle 14.15, dopo il caffè, saremmo usciti di casa ben attrezzati per festeggiare seriamente. E avremmo festeggiato ovunque, non facendo diventare Fuorigrotta l’epicentro del bordello, con il Comicon a 50 metri dal Maradona. Comicon dove, se nessuno ve l’ha detto, vengono persone da tutta Italia che hanno comprato il biglietto tre mesi e fa e magari – legittimamente – al Comicon ci vogliono andare.  Spostarla è stato un tentativo maldestro, goffo, direi involontariamente comico e decisamente ridicolo di manipolare la realtà. Di “organizzare la festa”. Di “gestire l’ordine pubblico”.

Organizzare? Gestire? C’è bisogno di organizzare? Noi stiamo aspettando questo momento da 33 anni, che vuoi organizzare? Siamo prontissimi! Sarà il più grande spettacolo di pirotecnia umana che possiate immaginare, anzi no, nella miopia gestionale di questa città no, evidentemente non lo potete immaginare. È che finora lo avete visto a rate, per questo pensate che ci sia bisogno di intervenire, ma grazie, stiamo bene così, non organizzate più niente, fate il piacere. Ma noi sì, siamo pronti, pronti da una vita, non c’è niente da organizzare, sarà così, bellissimo e naturale, questa città esploderà di gioia e non sarà una zona pedonale o la metro aperta fino a Dante a “organizzarla”, a “gestirla”. Gestirla, cose da pazzi...

A questo punto, prendiamola come una prova generale. Abbiamo tutto, non manca niente.

Nell’ordine:

  1. Magliette di ogni ordine e grado, da Maradona a Kim, originali e pezzottate, ça va sans dire
  2. Mascherine di Osimehn
  3. Fumogeni azzurri
  4. Fischietti
  5. Cerone azzurro
  6. Bandiere di ogni misura con il tricolore, con il 3, con “scusate il ritardo”, a scacchi, a fasce, con Diego che porge il tricolore a Di Lorenzo, Kvara e Osimehn, con “Grazie ragazzi”, con “Me pensavo ca murevo e stu juorno nun o vedevo”.

E a ognuno due bandiere, mi raccomando. Una per sé, una per chi non c’è più. Ognuno pensa a qualcuno, un nonno, un amico. Tutti stiamo pensando a Diego. Perché ovunque sia ora, questo benedetto Coso sarà dedicato a Lui.

Serena Venditto
Author: Serena Venditto
È nata a Napoli il primo agosto 1980, per festeggiare il compleanno della squadra. Archeologa e scrittrice, è autrice di una serie giallo-umoristica con protagonisti il gatto detective Mycroft e un gruppo di amici impiccioni, di cui l’ultimo è l’ebook gratuito “Malù si annoia. Quarantena in giallo per quattro coinquilini e un gatto”. Cura per Napoliclick la rubrica #Barsport

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