Venerdì, 19 Aprile 2024

Per la pace non c’è abbastanza volontà: le parole di Papa Francesco sono un manifesto politico

Di Sergio D’Angelo

Chissà se le sue previsioni si riveleranno azzeccate, e quindi Putin rifiuterà l’incontro, ma Papa Francesco vuole andare a Mosca. «A Kiev per ora non vado. – Ha spiegato nell’intervista rilasciata al direttore del Corriere, Luciano Fontana – Io prima devo andare a Mosca, prima devo incontrare Putin».

Al di là degli esiti della vicenda, che potrebbe avere anche uno sviluppo inaspettato sebbene al momento improbabile, con il leader russo interessato a ricucire il rapporto almeno con una parte dell’opinione pubblica occidentale, Papa Francesco lancia il sasso che avrebbe dovuto lanciare da tempo la politica. Ed è interessante notare il disorientamento, dietro la cortina di ostilità che i media russi hanno palesato in forme variabili, riprendendo comunque l’intervista quasi integralmente.

Ieri scrivevo che la volontà del cessate il fuoco e di stabilire il primato della diplomazia non può essere unilaterale, perché se l’aggressione è chiara, è altrettanto lampante che questo non è un conflitto locale e Stati Uniti e Regno Unito possono essere ragionevolmente indicati come paesi cobelligeranti, con l’Europa mestamente al traino in un subalterno balbettio. La mia posizione è quella di Papa Francesco, che usa parole ben più taglienti, quando prova a spiegare la decisione di Putin con «l’abbaiare della Nato alla porta della Russia».

Detesto autocitarmi, ma ieri scrivevo: «ho la sensazione che agli ucraini sia stata demandata la funzione di combattere una guerra per conto terzi con lo scopo di testare la capacità bellica russa». Fa perciò una certa impressione leggere le parole del Papa, quando dice: «La cosa chiara è che in quella terra si stanno provando le armi» e ancora: «Le guerre si fanno per questo: per provare le armi che abbiamo prodotto. Così avvenne nella guerra civile spagnola prima del secondo conflitto mondiale».

Quella di Papa Francesco mi sembra la posizione più avanzata a favore della pace. Molto più di un certo bellicismo che anche a sinistra stiamo subendo come egemonia culturale eterodiretta che non riusciamo pienamente a contrastare, finendo per accettare supinamente posizioni estranee alla nostra tradizione e alla nostra cultura politica.

Da ateo, da laico, non ho nessuna difficoltà a riconoscere che le parole del Papa mi rappresentano molto di più di quelle di tanti compagni di viaggio. Soprattutto quando parla di conflitti dimenticati in altri continenti e di critica all’industria delle armi.

Author: Redazione

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