Sarà GOLEM del regista israeliano Amos Gitai, in scena venerdì 20 e sabato 21 giugno alle 21.00, lo spettacolo di apertura della ottava edizione di POMPEII THEATRUM MUNDI, rassegna estiva del Teatro di Napoli-Teatro Nazionale diretto da Roberto Andò.
Lo spettacolo che si terrà al Teatro Grande del Parco Archeologico di Pompei è in prima italiana.
Amos Gitaï ripropone un lavoro sul Golem, figura leggendaria proveniente da testi cabalistici, il Golem è una creatura di argilla creata per proteggere la comunità ebraica in risposta alle persecuzioni.
Il testo è di Amos Gitaï e Marie-José Sanselme, per la regia di Amos Gitaï con Bahira Ablassi, Amos Gitaï, Irène Jacob, Micha Lescot,
Laurent Naouri, Menashe Noy, Minas Qarawany, Anne-Laure Ségla.
Una produzione La Colline Théâtre National Paris
È una sorta di magia, una specie di composizione, una combinazione matematica, per creare un essere artificiale capace di combattere la natura, i nemici, l’odio, la miseria.
«Isaac Bashevis Singer –dice il regista – dedica questa storia ai perseguitati, agli oppressi in tutto il mondo, giovani e vecchi, ebrei e gentili, nella folle speranza che il tempo delle accuse ingiuste e dei decreti iniqui giunga un giorno alla fine.
Sceglie come lingua lo yiddish perché è una lingua in esilio, senza paese, senza confini, una lingua non sostenuta da alcun governo;
una lingua che non possiede quasi parole relative ad armi, munizioni, esercizio o pratica militare; una lingua che era disprezzata, sia dai non ebrei che dalla maggioranza degli ebrei emancipati.
Per natura, lo yiddish non domina, non dà la vittoria per scontata. Non esige, non comanda, scivola, si insinua clandestinamente tra i poteri di distruzione.
È una lingua di un’umanità piena di timore e speranza. In senso figurato, lo yiddish è la lingua saggia e umile di tutti, la lingua di tutta l’umanità nella paura e nella speranza.
Era la lingua dei sognatori e dei cabalisti. Il ghetto non era solo un rifugio per una minoranza perseguitata, era anche il luogo in cui si faceva la grande esperienza dell’autodisciplina e dell’umanesimo, nonostante tutta la brutalità che lo circondava.
C’è ancora una ragione per non dimenticare lo yiddish, ed è questa: certo, lo yiddish è una lingua morente, ma è l’unica lingua che parlo bene.
Lo yiddish è la lingua di mia madre, e una madre non muore mai veramente».
Lo spettacolo è, ispirato a un racconto per bambini di Isaac Bashevis Singer, a testi di Joseph Roth, Léon Poliakov e Lamed Shapiro, e alle biografie di attori, Gitaï sovrappone questo mito alle questioni contemporanee sul rapporto tra creazione e distruzione, tra progresso e disastro, creando una parabola sul destino delle minoranze.
Sul palcoscenico si dispiega un vero e proprio mosaico sensoriale di storie e testimonianze, portato da una compagnia cosmopolita di attori e musicisti con lingue origini e tradizioni plurime.
Lo spettacolo è in lingua tedesca, inglese, araba, spagnola, francese, ebraica, russa, yiddish, sottotitolato in italiano
Il lavoro è presentato in collaborazione con Fondazione Campania dei Festival-Campania Teatro Festival 2025.
Su Napoli Gitai ha avuto modo di dichiarare:
“…A differenza di altri luoghi del mondo, dove stanno prendendo il potere persone che
puntano a limitare la libertà, Napoli è un posto interessante, dinamico, contiene sempre
diverse anime”.
La rassegna prosegue il 4 e 5 luglio con NOTTE MORRICONE per le regia e coreografia di Marcos Morau
con la musica di Ennio Morricone. Una produzione Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto
AUTORE: Roberta D'Agostino